Supercar da rally, le origini.

Novembre 22, 2022

Il recente lancio della Porsche 911 Dakar (nonché quello imminente della Lamborghini Huracan Sterrato) inaugura un nuove filone di vetture, quello delle supercar “tutto terreno”. Versioni speciali di auto da sogno, rialzate, con gomme specifiche e l’immancabile trazione integrale, che difficilmente verranno maltrattate in competizioni offroad – trattandosi di modelli di serie – ma di sicuro andranno a costituire un ulteriore “giocattolo” per facoltosi collezionisti.

Tuttavia, non è la prima volta che delle esclusive vetture stradali lasciano l’asfalto per tuffarsi in polvere e fango. In passato due dei più famosi costruttori di supersportive – Porsche e Ferrari – hanno realizzato delle versioni da corsa delle loro vetture, con cui hanno preso parte a svariate competizioni offroad. Vediamo quali sono le antenate, almeno dal punto di vista spirituale, delle attuali supercar da rally.

Agli albori: Porsche 356 e 911

Porsche ha alle spalle una lunga tradizione nelle corse fuori dall’asfalto, che risale addirittura alla prima vettura realizzata dal Casa di Zuffenhausen, la 356, lanciata nel 1948. Per le sue doti velocistiche la piccola e leggera coupé diventa presto la scelta privilegiata di chi cerca un’auto con cui prendere parte alla rinata scena motoristica internazionale. Siamo negli anni del secondo dopoguerra e, nell’Europa in fase di ricostruzione, competizioni su strada e in offroad spesso finiscono per essere la stessa cosa. 

Negli anni ’50 iniziano a delinearsi dei rally veri e propri e nel 1953 le 356 riscuotono i primi successi, al Rally del Sestriere, dove arrivano seconda e terza, e al Rally Adriatico, dove la vettura sale sul gradino più alto del podio. Helmut Polensky, sempre nel 1953, ottiene il primo Campionato europeo rally a bordo della sua Porsche 356.

Dall’altra parte dell’Oceano, anche la Carrera Panamericana, che era considerata una delle gare su strada più dure al mondo, prevedeva ampi tratti non asfaltati, tanto da richiedere lavori di rinforzo sulle sospensioni delle vetture. Nel 1952 la Porsche 356 S Cabriolet fu la prima auto del brand a terminare la corsa, nonché la più veloce tra le vetture con motori fino a 1,5 litri, un trionfo da cui nacque il termine Carrera, entrato ormai a far parte dell’identità Porsche.

Nel 1963 l’eredità della 356 viene raccolta dalla 911, che inizia subito a imporsi nei rally nazionali e internazionali. La consacrazione di Porsche nei rally arriva fra il 1968 e il 1970, quando la 911 trionfa per tre volte di fila in quello che è già considerato l’evento rallistico più importante al mondo, il Rally di Montecarlo. Nel 1970 la Porsche 911 S Coupé sarà anche la prima vettura a conquistare il Campionato internazionale costruttori, embrione di quello che diventerà nel 1973 il Campionato del mondo rally.

Alla conquista della Dakar

Verso la fine degli anni ’60 la Casa inizia a subire il fascino delle spedizioni in luoghi remoti. Nel 1968 vengono allestite tre Porsche 911 S rinforzate per il rally Londra-Sydney, mentre negli anni ’70 il brand cede al richiamo dell’Africa: nel 1978 Björn Waldegard e Vic Preston Jr. sfidano il Safari Rally a bordo della 911 SC, finendo in seconda posizione dopo un massacrante percorso di 5mila chilometri attraverso il Kenya.  

I tempi erano ormai maturi per tentare la sorte nel rally-raid per eccellenza: la Parigi-Dakar. Nel 1984 la Casa mette a punto una speciale vettura basata sulla 911 serie G. Rispetto all’auto di serie, la vettura da corsa (che verrà chiamata Porsche 953) è rinforzata, alleggerita, presenta serbatoi supplementari per far fronte alle elevate percorrenze della gara ed è dotata di una grande novità: la trazione integrale, che da questa vettura in poi sarebbe diventa un fiore all’occhiello per il brand. La 953 trionfa nella Dakar grazie al pilota René Metge e al suo copilota Dominique Lemoyne, aprendo la strada a una vettura leggendaria: la 959.

Realizzata in soli 292 esemplari, la 959 rappresentava il meglio della produzione Porsche dell’epoca e ricevette anche una variante da corsa, che conquistò la Parigi-Dakar nel 1986. L’auto era quasi identica al modello di produzione, con un 6 cilindri boxer da 2,8 litri e la trazione integrale, ma rispetto a questo presentava una maggiore altezza da terra e il motore era stato limitato a circa 400 cavalli per poter funzionare con la scarsa qualità del carburante reperibile in Africa.

Il Cavallino Rampante in offroad

Ben più famosa per i successi in pista e su strada, Ferrari può vantare anche un’esperienza nelle corse lontano dall’asfalto. Nel 1975 la 308 GTB fu la seconda Ferrari a motore centrale a utilizzare un V8. La famosa officina Michelotto, che preparava le Ferrari stradali per la pista, pensò che la vettura sarebbe stata perfetta per i rally del Gruppo 4.

Sebbene non fosse un progetto Ferrari interno, la Casa di Maranello aiutò il concessionario padovano a sviluppare la vettura, fornendo telai nudi che i tecnici trasformarono in vere e proprie auto da rally. Le sospensioni avevano una maggiore altezza da terra e una corsa incrementata. Inoltre, era stata aggiunta frontalmente una serie completa di luci supplementari ad alta intensità. 

Le Ferrari 308 GTB da rally Gruppo 4 iniziano a correre nel 1978 e si dimostrano molto competitive nei campionati di rally europei, italiani e francesi. Sono il pilota Raffaele ‘Lele’ Pinto e il co-pilota Claudio Penariol a regalare alla 308 GTB la sua prima vittoria un anno dopo, al Rally di Monza. Nel 1981 e 1982 Jean-Claude Andruet conquista il Tour de France Automobile.

Una 308 GTB Gr4 guidata da Tonino Tognana e Massimo De Antoni vince il Campionato Italiano Rally 1982, trionfando anche alla Targa Florio. L’apice dell’esperienza Ferrari nei rally arriva però nel Tour de Corse del 1982, una tappa ufficiale del Campionato del mondo di rally,  quando Andruet conquista il secondo posto, regalando al Cavallino Rampante il suo primo e unico podio nella massima categoria rallistica.