I timori di un’Europa “a due velocità” per quanto riguarda diffusione e disponibilità delle infrastrutture di ricarica sono infondati. Questo è quanto ritiene la Commissione europea, secondo la quale gli obiettivi vincolanti e gli investimenti pubblici e privati in corso promuoveranno l’uguaglianza delle condizioni in tutta l’Unione dei 27.
A confermarlo è stato Herald Ruijters, responsabile degli investimenti per i trasporti innovativi e sostenibili della Commissione europea, il quale ha sostenuto che la transizione non avverrà soltanto nei Paesi più ricchi ma sarà garantita in pari misura a tutti.
Secondo un rapporto della Corte dei Conti europea, attualmente quasi il 70% dei punti di ricarica per i veicoli elettrici si trova nei Paesi Bassi, in Germania e in Francia, mentre l’Europa orientale e quella meridionale sono in netto ritardo. Da qui i timori di un divario troppo evidente tra le diverse aree dell’Unione. Ruijters sostiene – al contrario – che i finanziamenti previsti a livello comunitario contribuiranno a correggere questo divario. Per il politico olandese è significativo che la maggior parte dei Paesi dell’Unione abbia già presentato domanda di finanziamento per incrementare la propria offerta di punti di ricarica.
“Fondamentalmente – ha detto a margine della Transport Research Arena (TRA) di Lisbona- Paesi Bassi e Germania stanno già ricevendo meno sussidi perché hanno una buona infrastruttura. Quindi ora stiamo guardando all’Europa dell’Est e all’Europa del Sud. Ho molte, moltissime richieste da Spagna, Portogallo e Italia, quindi posso già prevedere che anche queste aree saranno ben coperte nei prossimi anni. Lo step successivo è l’est”.
I canali di sovvenzione utilizzati per potenziare le colonnine di ricarica includono Horizon Europe, il programma di finanziamento dell’innovazione della ricerca dell’Unione, il Meccanismo per collegare l’Europa, (strumento di investimento in infrastrutture) e i Fondi di coesione, che vanno agli Stati membri più poveri.
Tanto l’industria automobilistica che gli ambientalisti hanno chiesto un aumento delle spese in stazioni di ricarica in tutta la regione, sostenendo che i consumatori non passeranno alle auto elettriche finché non si sentiranno sicuri della presenza di una solida rete, simile all’attuale copertura distributiva di benzina e diesel.
Le vendite delle elettriche e delle ibride plug-in sono in grande crescita nell’Unione dove, attualmente, ci sono circa 377mila stazioni di ricarica, un numero di gran lunga inferiore ai 6,8 milioni di punti pubblici che, secondo l’industria, sarebbero necessari per raggiungere gli obiettivi climatici per il 2030.
Ruijters ha fatto riferimento alla legislazione europea in sospeso, attualmente in fase di negoziazione tra gli Stati membri e il Parlamento europeo, che stabilirà le regole per il numero di colonnine che ogni Paese deve installare. Secondo la posizione del Parlamento, gli Stati membri avrebbero tempo fino al 2026 per costruire areee dedicate almeno ogni 60 chilometri sulle principali autostrade. “La legislazione sulle infrastrutture per i carburanti alternativi prevede ciò che ogni Paese deve avere entro una certa data”, ha dichiarato. “Non si può, ovviamente, lasciare tutto al mercato. Ecco perché abbiamo questo quadro normativo, insieme ai diversi strumenti di finanziamento. La situazione è molto chiara e non credo che sia divisa tra est e ovest”.
I colegislatori dell’Unione hanno anche recentemente concordato di vietare la vendita di auto e furgoni inquinanti a partire dal 2035, una mossa che costringerà un passaggio di massa ai veicoli elettrici. Uno sviluppo che fa parte di una spinta a livello europeo per la decarbonizzazione del settore dei trasporti, elemento fondamentale per ridurre le emissioni di carbonio del blocco.
La data limite del 2035 ha fatto scattare il tempo per l’installazione di una solida infrastruttura di ricarica che consenta ai conducenti di veicoli elettrici di viaggiare senza problemi in tutta Europa. Secondo Rujiters, la riduzione degli spostamenti non è un’opzione possibile, quindi è necessario agevolare modi più puliti di muovere persone e merci. “Non si può dire che non viaggeremo più, non è possibile. Non sarà mai accettato dalla società. Quindi dobbiamo trovare delle soluzioni. Tutti hanno visto – con il Covid, la crisi energetica e la guerra in Ucraina – che se non ci sono i trasporti, l’economia si ferma: le consegne, i rifornimenti dei supermercati, il cibo. I trasporti sono la società”.