Quegli occhi di Scorsese.

Agosto 17, 2022

Osservare la propria città e l’umanità che vi scorre attraverso gli occhi di un’automobile. È possibile, se l’auto è una Checker Marathon in versione taxi, il tassista è Robert De Niro (che oggi compie 79 anni), lo sguardo è quello di Martin Scorsese e la città è New York nel film cult del 1976 “Taxi Driver”. La Marathon è un’icona fra le tante auto che affollano le pellicole del grande regista italoamericano, nato e cresciuto nella Grande Mela, fra tradizioni importate dalla Sicilia (i nonni, sia paterni che materni, erano di Palermo), gang che si contendevano il territorio nella Little Italy di Manhattan e una passione per il cinema nata da bambino e culminata negli studi di cinematografia presso la New York University.

L’attenzione ai dettagli di Scorsese è celebre (dagli arredi degli interni agli abiti dei suoi attori) e si estende alle automobili, vera parte integrante del cast. “The Aviator” (2004) è quello dove si trova il maggior affollamento di meraviglie a quattro ruote, tra cui la Ford Model A del 1928, decappottabile verde oliva lunga più di quattro metri che giganteggia con la sua eleganza, e la Packard Super Eight One Eighty Sport Brougham LeBaron del 1941, 5 metri e mezzo di lunghezza e quasi 2 di larghezza avvolti in una livrea rosso carminio.

“Shutter Island” (2010), con Leonardo Di Caprio nella veste di un controverso agente dell’Fbi, porta in scena un altro gioiello: una Buick Roadmaster Sedanet del 1947. Ancora una volta dimensioni da star e colori che bucano lo schermo, come la carrozzeria  in un originale amaranto. Misteriosa come il protagonista, che la consegna allo spettatore alzando il telo sotto cui si nasconde.

Nel cast di “Quei bravi ragazzi” (1990) appare un’altra splendida e gigantesca decappottabile, la Chevrolet Impala Convertible del 1961, insieme ad esemplari incredibili tra cui una Cadillac Coupé DeVille Phaeton Special Edition del 1979, una Chrysler Newport Convertible 1966 e una Pontiac Grand Prix 1968.

Il cameo

Ma è il Checker Cab del 1974 guidato da Robert De Niro l’auto che non dimenticheremo mai, il tipico taxi giallo newyorkese che ci accompagna per l’intero snodarsi della pellicola diventando una cosa sola con gli occhi del tassista Travis Bickle, 26enne veterano del Vietnam che ossessivamente gira per le vie di Manhattan e studia volti e storie. Chi entra nel suo taxi finisce con lo svelare il retroscena della propria vita, come accade alla 13enne prostituta Iris (interpretata da Jody Foster) e allo stesso Martin Scorsese, protagonista di un riuscitissimo cameo. Abito nero e grossi baffi, il regista è un cliente che entra nel taxi di Travis e gli chiede di restare fermo sotto un palazzo, lasciando correre il tassametro: pagherà come se fosse una corsa. “La vedi quella? È mia moglie”, dice Scorsese indicando le finestre dell’edificio. La telecamera si arrampica come gli occhi di Travis-De Niro, fino a scoprire la sagoma illuminata di una donna, poi si abbassa sul volto del taxi driver. In allerta, ma muto. “A volte vorrei afferrare una 44 Magnum e farla fuori”, dice Scorsese. “Sai l’effetto dei colpi di una 44 Magnum sulla faccia di una persona?”. Travis continua a osservare il cliente dallo specchietto retrovisore, ma non risponde. Anche lui ama le armi e ha una tremenda fascinazione per la 44 Magnum. La solitudine e l’isolamento nella metropoli – simbolo di una più vasta solitudine e alienazione umana – sono il tema centrale di questo film, ha affermato Scorsese in una recente “reunion” col cast di “Taxi Driver”. La Marathon che “guarda tutto” e New York, “la mia città”, sono i veri protagonisti. Nella Little Italy di Manhattan il regista è cresciuto respirando l’aria di “un paesino siciliano preso e trasportato, così com’era, a New York”.

“Stai parlando con me?”

Anche Travis vive in una casa con inconfondibili dettagli italiani. Nella scena cult in cui De Niro si specchia e ripete a se stesso “Stai parlando con me?” (You talkin’ to me?) mentre fa roteare una rivoltella Model 36, lo sfondo è rappresentato da una cucina a gas con una caffettiera sui fornelli e pentolini di alluminio appesi sul muro. Una scena improvvisata, girata in extremis, ha raccontato lo stesso Scorsese, perché la produzione era andata “lunga” di cinque giorni e c’era ormai solo un’ora a disposizione. Cosa fare? “Crea, inventa”, ha detto Scorsese a De Niro.

De Niro si è perfettamente immedesimato nella parte. Prima di iniziare le riprese, per una decina di giorni ha guidato un taxi a New York, compresi i turni di notte. “Chi sale in macchina controlla la tua vita per diversi minuti”, ha affermato Scorsese. “Ti dice dove devi andare e tu devi fare come vuole. Giri per le strade e non sai chi entrerà. È come vivere sempre sul filo del rasoio”. De Niro era già una star prima di recitare in “Taxi Driver”: aveva vinto un Oscar come miglior attore non protagonista nel “Padrino Parte II”. E mentre faceva il tassista preparandosi per il film di Scorsese, un cliente l’ha riconosciuto e ha chiesto: “È così difficile trovare lavoro come attore?”.

*Articolo pubblicato su l’Automobile 46, dicembre 2020