Una lunghissima fila di auto si forma davanti a un distributore di benzina della marca Marathon sulla Main Street nel piccolo centro di Lexington, Michigan, sulle rive del lago Huron, proprio di fronte al Canada. Il servizio inizia alle 10 ma già tre ore prima gli automobilisti si mettono in coda. Cosa sta succedendo? Il proprietario dell’attività, Chuck Laughlin, e un suo amico Tim ‘Timmy D’ Hering hanno assistito, come tutti gli americani, alle folle corsa del prezzo della benzina che in alcuni casi è arrivata a toccare il record di sei dollari al gallone, praticamente raddoppiando nel giro di poche settimane.
Per questo i due hanno deciso di fare qualcosa per la comunità (a Lexington gli abitanti sono poco meno di 1.200) e hanno indetto via Facebook una raccolta fondi che ha coinvolto semplici cittadini e negozianti per consentire di vendere il carburante con lo sconto di 1 dollaro a gallone. “Per aiutare chi è in difficoltà”, dirà D’ Hering intervistato da una emittente locale “ed è costretto a scegliere se rifornire il mezzo con cui lavora o mettere la cena in tavola”. Contraddizione del Paese più ricco al mondo dove resistono, però, sacche diffuse di povertà inaudita.
E’ solo uno dei tanti esempi di come l’America, il Paese dove più che l’auto, grandi e assetati suv e pick up sono una religione, stia cercando di affrontare la crisi del rialzo del prezzo dei carburanti con la benzina che costa mediamente oltre i 5 dollari al gallone. Episodi simili a quello di Lexington sono accaduti in diversi stati, dal nord al sud degli Usa.
Naturalmente si tratta di palliativi. Ma anche a livello governativo si muove qualcosa. Il presidente Biden, che vede con preoccupazione avvicinarsi la scadenza elettorale del Mid Term dell’8 novembre che potrebbe costargli la maggioranza al Congresso, sta spingendo per una detassazione almeno temporanea (si parla di tre mesi) che consenta di abbassare il prezzo della benzina alla pompa intervenendo sulle accise. Anche perché è alle porte un week end cruciale per il turismo interno, quello del 4 luglio, quando l’America smette di lavorare per festeggiare la dichiarazione di indipendenza del 1776 e che rappresenta l’evento clou dell’estate per moltissimi cittadini.
L’imposta federale sui carburanti – introdotta per la prima volta nel 1932, durante la Grande Depressione – è di 18,4 centesimi al gallone per la benzina e di 24,4 centesimi per il (rarissimo) diesel, un livello che non è cambiato dal 1993. All’epoca, la benzina costava mediamente circa 1,05 dollari al gallone: questo significa che oggi il prelievo è una componente molto più piccola del prezzo complessivo alla pompa. La tassa è destinata principalmente alla costruzione di autostrade e ponti e una parte finanzia anche progetti per il trasporto di massa. La sospensione fino a settembre, come proposto da Biden, costerebbe al Fondo fiduciario per le autostrade 10 miliardi di dollari, che però potrebbero essere recuperati da altre aree del bilancio, secondo la Casa Bianca.
Se a livello federale la media del costo di un gallone supera ormai i 5 dollari, localmente ci sono situazioni molto differenziate. In California, per esempio, il prezzo era già ben oltre questo tetto mesi prima che la media nazionale ci arrivasse l’11 giugno. A Chicago, il prezzo supera i 6 dollari, più alto di almeno il 15% rispetto ad altre zone dell’Illinois. Nelle zone rurali del Sud-Est e del Midwest si spende mediamente molto meno rispetto alle aree costiere.
Questo è determinato da una serie di cause, legate alle catene di approvvigionamento, al costo locale degli affari, alle tasse e alla politica ambientale. Il greggio è un bene globale, con prezzi orientati dalla domanda e dall’offerta: ma deve essere poi trasportato in raffineria, lavorato e quindi spedito ai singoli distributori di carburante, che hanno costi operativi propri.
Ogni anello di questa catena si riflette su quanto pagato dai consumatori alla pompa, che varia in modo significativo a seconda del luogo. “La maggior parte della capacità di raffinazione degli Stati Uniti si trova lungo la Costa del Golfo, in particolare in Texas e Louisiana – sottolinea Pavel Molchanov, direttore e analista di ricerca azionaria presso Raymond James, una banca d’investimento e società di servizi finanziari – e una stazione di servizio situata lontano da una raffineria può aspettarsi un forte sovrapprezzo. La fornitura di gas in Texas è ovviamente più economica perché le raffinerie sono proprio lì. In luoghi dove non ci sono questi impianti, il carburante deve essere trasportato per migliaia di chilometri, e questo incide anche in maniera significativa”.
La costa orientale, ad esempio, beneficia di una vasta rete di oleodotti: il più grande è il Colonial Pipeline, che si estende da Houston a New York. Ma questo sistema non può essere replicato sulla west coast perché le Montagne Rocciose impediscono un accesso simile alle raffinerie del Golfo.
Anche le tasse giocano un ruolo fondamentale: tutti gli automobilisti pagano un’imposta federale sulla benzina di 18 centesimi al gallone, ma gli Stati aggiungono le proprie tasse, che generalmente vengono utilizzate per finanziare progetti infrastrutturali, e possono variare in modo significativo. Secondo la Federation of Tax Administrators, sulla costa occidentale si pagano alcune delle accise più alte del Paese: quasi 57 centesimi al gallone in California, 49 a Washington e 38 in Oregon. L’aliquota più alta appartiene alla Pennsylvania, (58 centesimi), la più bassa all’Alaska, (quasi 9 centesimi).
Con l’aumento dei prezzi del carburante, alcuni Stati, tra cui Florida, New York e Georgia, hanno sospeso le tasse sulla benzina per parte del 2022.
Anche le differenti normative sull’energia pulita possono aumentare i costi a livello statale e locale. Le regole sulla miscela di sostanze chimiche significano che in alcuni Stati i distributori di benzina devono pagare di più per servire carburante più pulito. L’Air Resource Board della California, ad esempio, mantiene una serie di requisiti che si applicano alla formulazione specifica che i produttori e gli importatori possono vendere nello Stato, applicando regole severe a sostanze chimiche come il benzene, la formaldeide e lo zolfo.
In tutto questo si registra una contrazione del mercato che fa preoccupare tanto i costruttori quanto i politici: a maggio 2022 sono stati immatricolati 1.115.810 veicoli, con una contrazione, rispetto all’aprile di questo stesso anno, dell’11,9%. Se si guarda al 2021, poi, il calo arriva al 29.9%.