La Fiat 600, nata nel 1955, ha motorizzato l’Italia ma, dopo quasi un decennio, nonostante sia sempre apprezzata sul nostro mercato, comincia a farsi sentire la mancanza di un modello in grado di riempire il vuoto che la separa in casa dalla 1100. Il potere d’acquisto anche delle fasce a più basso reddito è cresciuto e auto straniere competitive si stanno facendo pericolosamente avanti per intercettare la emergente potenziale clientela.
A Torino non vogliono comunque fare investimenti troppo onerosi per un nuovo progetto e la creatività del direttore tecnico Dante Giacosa e dei suoi collaboratori riesce, magari con qualche riluttanza, ad esprimersi positivamente, pur dovendo rinunciare ad impostazioni più avanzate e partire da quanto già ampiamente sperimentato. Nel maggio del 1964 viene presentata la Fiat 850 che della 600 mantiene lo schema tecnico fondamentale, motore e trazione posteriori, e praticamente la parte centrale della scocca con soltanto un lieve aumento del passo (meno di tre centimetri). Gli importanti aggiornamenti di molte componenti però non mancano, riuscendo a dare alla vettura il tono superiore richiesto e una personalità originale e più moderna.
L’aspetto della carrozzeria, lunga 3,57 metri (ben 36 centimetri in più della 600), a due volumi e mezzo è certamente insolito, caratterizzato dalla forma squadrata del vano anteriore, che ospita un bagagliaio dalla discreta capienza con la ruota di scorta disposta in verticale, e da un posteriore raccolto, con cofano di accesso al motore dalle dimensioni limitate. Semplici i fari rotondi sia davanti che dietro, mentre i paraurti a lama sono provvisti di rostri gommati.
All’interno l’allestimento è sempre da utilitaria, con rivestimenti in finta pelle e tappetini in gomma, ma i progressi sono evidenti: plancia rifinita in materiale plastico scuro con in basso ampio porta oggetti, braccioli alle portiere, quadro strumenti rettangolare dalla ottima leggibilità (la dotazione resta essenziale), vero e proprio impianto di ventilazione e riscaldamento, schienale abbattibile del sedile posteriore e ulteriore spazio per bagagli sotto il lunotto. Quattro persone possono sistemarsi abbastanza comodamente e, a richiesta, gli schienali dei sedili anteriori sono regolabili.
Nella meccanica, confermata la formula “tutto dietro”, le sospensioni indipendenti vengono migliorate con l’adozione di barre antirollio e l’impianto frenante a tamburi irrobustito. Il lavoro sul quattro cilindri della 600 D, basamento in ghisa e testa in lega leggera, porta all’incremento della cilindrata da 767 a 843 centimetri cubici e la potenza sale a 34 o 37 cavalli per una velocità massima di 120 o 125 chilometri orari, a seconda che si scelga la versione alimentata a benzina normale o super. Soluzioni di pregio, inoltre, l’adozione dell’impianto di raffreddamento a circuito sigillato e di un cambio a quattro marce interamente sincronizzato.
Senza effetti speciali, la 850 non delude dal punto di vista commerciale, grazie anche al prezzo competitivo di 750.000 lire, inferiore a quello della spartana Renault 4 o della NSU Prinz e in confronto alle oltre 900.000 della Simca 1000, della Ford Anglia o della Opel Kadett, per non parlare della Morris Mini Minor che sfiora il milione.
L’importanza della vettura viene poi sottolineata dall’estensione della gamma con modelli assai significativi. Nel 1965 si affiancano le riuscitissime Coupé e Spider, sul fronte opposto il versatile pulmino battezzato Familiare e nel 1968 arriva la berlina Special, con caratterizzazioni sportive e il motore da 47 cavalli della Coupé per raggiungere i 135 chilometri orari. Interessante l’esperimento (poco apprezzato dalla clientela) della variante Idromatic del 1966, semiautomatica con comando della frizione servoassistito, numerose le fuoriserie realizzate da una miriade di carrozzieri e l’Abarth interviene con le sue elaborazioni addirittura estreme (la OT 1600 da 155 cavalli tocca i 220 chilometri orari e costa quasi 3 milioni di lire).
All’estero, la 850 viene prodotta dalla Seat in Spagna, anche in versione quattro porte, in Bulgaria, in Jugoslavia dalla Zastava e in Germania dalla Neckar. In Italia resta in produzione fino al 1971 e oltre 2.200.000 unità verranno costruite, lasciando il testimone alla completamente diversa e fortemente innovativa 127, ma il motore che la equipaggia deriva dalla gamma 850, un grande e longevo classico Fiat che, ulteriormente evoluto, passerà poi alla Panda e alla Uno.