I principali tre costruttori giapponesi – Toyota, Nissan e Honda – stanno per pubblicare i risultati finanziari dell’ultimo anno (stando al sistema contabile giapponese l’anno fiscale va dal 1 aprile al 31 marzo). Secondo le prime stime degli analisti, le tre Case dovrebbero riportare profitti in crescita, spinte dal tasso di cambio yen/dollaro favorevole. Ma la situazione economica rimane altamente instabile e gli occhi degli investitori si concentrano sulle previsioni per il prossimo anno.
Il primo a pubblicare i propri risultati sarà Toyota, il principale costruttore giapponese, che funge da benchmark per l’intero settore automotive del Sol Levante. Secondo il centro d’analisi Refinitiv il gruppo dovrebbe andare in contro a una crescita dei profitti del 37% rispetto all’anno scorso. La Casa, infatti, sarebbe quella in grado di trarre i maggiori benefici dal deprezzamento dello yen – che favorisce l’export rendendo meno costose le merci prodotte in Giappone – grazie a una rete commerciale sviluppata e a una posizione di mercato forte in molti mercati, soprattutto in Asia e in nord America.
In base alle stime di Daiwa Securities, per ogni punto in meno nel tasso di cambio yen/dollaro Toyota riuscirebbe ad incrementare i profitti di 48 miliardi di yen (348 milioni di euro), mentre i vantaggi per Nissan sarebbero di 13 miliardi di yen (94 milioni di euro) e per Honda di 12 miliardi (87 milioni di euro). Anche per Honda le previsioni indicano una crescita nei profitti, nell’ordine del 13%, mentre Nissan, a causa dei risultati particolarmente negativi degli ultimi anni, potrebbe vedere un miglioramento negli utili addirittura del 50%.
I numeri, tuttavia, non rispecchiano perfettamente la situazione economica dei costruttori giapponese. Molti, infatti, sono i dubbi degli esperti sulla sostenibilità nel lungo periodo di una situazione di deprezzamento del cambio, che ha il contraltare di rendere più costose le merci importate. Una problematica non da poco, soprattutto per quanto riguarda le materie prime, che già vedono un incremento nei prezzi a livello mondiale, in particolare per quanto riguarda le fonti energetiche come petrolio e gas e i metalli come alluminio e nichel.
Il conflitto in Ucraina ha ulteriormente esacerbato una tendenza al rialzo nei prezzi delle materie prime, il cui impatto sui profitti è passato dai 10.000 yen (72,5 euro) per auto del 2020 agli 80.000 yen (580 euro per auto) attuali. A tutto questo si aggiungono le incertezze riguardanti le forniture di semiconduttori, la cui crisi sembrava ormai in via di risoluzione ma torna improvvisamente di attualità a causa dei nuovi lockdown in Cina.
Nonostante un forte aumento nella domanda a livello globale, infatti, la produzione in Giappone continua a essere inferiore ai livelli pre-covid. Nell’anno fiscale appena concluso il settore automotive del paese ha totalizzato 23 milioni di unità, lo 0,4% in meno rispetto all’anno precedente e inferiore del 10% rispetto al 2019.
I costruttori vedevano nel 2022 l’anno in cui la produzione sarebbe potuta ritornare ai livelli pre-crisi, ma Toyota ha già annunciato un nuovo taglio nelle stime per il prossimo anno, abbassando l’output del 10% rispetto a quanto preventivato a causa del perdurare della carenza di semiconduttori.